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C come Conte, elogio dell’uomo scudetto e della sua Inter camaleontica

Notizie || 05/05/2021

Ho sempre pensato che il merito finale di un successo vada sempre ai giocatori: sono loro in campo a fare la differenza. Ai tecnici il compito di dare uno spartito, un gioco in cui possano esaltarsi e sceglierli in base alle caratteristiche che devono avere per interpretarlo. Questo, pensando allo scudetto dell’Inter dovrebbe portarmi ad esaltare la migliore coppia d’attacco del campionato (se si gioca con due attaccanti): Lukaku-Lautaro, le cui caratteristiche si sposano alla perfezione. O a parlare della una linea difensiva: a partire dal portiere Handanovic (che ha sbagliato forse in due tre occasioni in tutto il campionato) e proseguendo con i tre centrali Skriniar, De Vrij, Bastoni che nel girone di ritorno, con l’aiuto di tutta una squadra abile nel chiudere ogni spazio, hanno creato un vero muro. O ad esaltare le qualità offensive di Hakimi. O infine ad applaudire la crescita costante di Barella, che io ho avuto nella Primavera del Cagliari quando allenavo la prima squadra. Anche da ragazzino Nicolò aveva doti non comuni, ma era talmente sicuro di essere bravo che spesso peccava di presunzione nelle giocate e ed era anche troppo falloso. Ora pare cresciuto sotto tutti i punti di vista, sa stare in partita dall’inizio alla fine e ha salda la testa sulle spalle. La sua è stata la crescita esponenziale più evidente nell’Inter e il merito va dato senza dubbio al suo tecnico.

Ed eccolo quindi il protagonista che smonta un po’ la mia teoria dei giocatori più meritevoli dell’allenatore: perché questo è stato innanzitutto lo scudetto di Antonio Conte. Senza di lui questa Inter che pure è un’ottima squadra con una rosa di qualità, non avrebbe vinto. La mano del tecnico si è vista in modo evidente: nel lavoro sul campo durante tutta la stagione, nel trasferire il suo credo calcistico, la sua mentalità e la sua cultura del lavoro, del sacrificio, dell’intensità e della concretezza. Che Conte fosse un martello, lo si sapeva. Ma in questa annata ha unito alle sue qualità di tecnico qualcosa in più: una gestione del gruppo a 360° sostituendosi in un’ampia fase della stagione anche alla proprietà, spesso assente. Conte ha ricoperto più ruoli e in alcuni momenti ha tenuto in piedi quasi da solo il pianeta Inter. Che la società infatti abbia vissuto una fase molto complicata è noto, eppure in campo non si è visto.

L’Inter di Conte è partita in un modo e ha finito in un altro. Ad inizio stagione era più offensiva, cercava maggiormente il possesso della palla, ma spesso però risultava lento e inefficace. Aveva più uomini nella metà campo avversaria, segnava ma subiva anche molto. Il che ha fatto rivedere i piani. Complice l’uscita dalle coppe che ha facilitato il cammino in campionato – le altre che sono andate più avanti nelle competizioni europee hanno tutte lasciato qualcosa per strada – Conte ha lavorato sulla compattezza e l’equilibrio, alternando partite in cui è stata più manovriera ad altre in cui ha preferito chiudersi lasciando l’iniziativa all’avversario e privilegiando le ripartenze. Quindi non c’è da stupirsi se a volte abbiamo visto i gol di Hakimi o Darmian, frutto della manovra corale e della partecipazione di tutti, ed altre gol in tre tocchi grazie alle sgroppate di Lukaku e a quelle che un tempo, senza vergognarsi, si chiamavano azioni in contropiede. Conte ha ragionato in base alle qualità dei suoi e a quelle degli avversari che di volta in volta affrontava. La sua Inter è stata camaleontica.

Nella nostra Serie A ha dominato, in Europa però penso serva una maggiore predisposizione al governo della partita. Quando affronti i top club se gli lasci l’iniziativa rischi di uscirne tritato. L’Inter ha messo la freccia a fine gennaio quando ha iniziato il suo ciclo di 11 vittorie che l’hanno portata da -2 a + 11 sul Milan. In quel momento ha fatto il vuoto. Ma nessuno ad inizio stagione poteva immaginare, nonostante la rosa importante, che stravincesse con 4 giornate di anticipo in un campionato peraltro così difficile e anomalo a causa del Covid. Se l’Inter ne ha risentito meno di tutto, mantenendo un rendimento alto e costante, il merito principale va al suo allenatore. E’ stato un suo capolavoro, al di là dello spettacolo che in campo a volte si è visto e altre meno.

Zdenek Zeman

(Gazzetta dello Sport - 05 maggio 2021)

 
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