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28 Luglio 2000: I lavori forzati di Zdenek......ce li raccontano il figlio Karel ed il quotidiano 'Il Mattino'

Cronaca || 28/07/2000

Siamo qui a Brusson da qualche giorno ormai, abbiamo assistito e filmato gli allenamenti, scattato foto....ed eravamo in procinto di descrivervi tutto ciò....ma qualcuno ci ha preceduto, e chi meglio del figlio può conoscere il proprio papà?! Bè a fronte di tutto ciò che è stato scritto, descritto, di tutto ciò che abbiamo letto....vi possiamo dire che qualcuno dei giocatori cantava durante il riposo tra un esercizio di addominali ed un altro!!!! I ragazzi si divertono, certo l'allenamento è duro, ma non tragicamente insopportabile! Insomma, volti sorridenti e sudore sulla fronte, cibo sano ed un paesaggio da sogno qui a Brusson....ed ora lasciamo la parola a Karel. A seguire l'articolo de 'Il Mattino' che descrive gli allenamenti.

da Il Mattino di Venerdì 28 Luglio 2000

IL PIANETA ZEMAN VISTO DAL FIGLIO
Vi racconto papà e la leggenda dei "lavori forzati"


Karel Zeman è nato a Palermo il 28 febbraio 1977. È iscritto al quarto anno della facoltà di lingue a Roma, con l'indirizzo informazione e comunicazione. Ha militato nelle squadre giovanili del Foggia nel ruolo di centrocampista.
KAREL ZEMAN
Per la prima volta da quando, nel lontano 1983, ebbe inizio la sua prima avventura da tecnico professionista, ho la possibilità di assistere ai famigerati "lavori forzati" a cui, secondo le leggende, sarebbero sottoposti in estate i giocatori alle dipendenze di colui che è considerato il più duro tra gli allenatori.
La fremente curiosità, giustificata dalla mia volontà di approfondire le mie conoscenze sulle metodologie di allenamento di mio padre, è stata presto soddisfatta dalla prima completa giornata di lavoro: parte atletica nella seduta mattutina e tattica al pomeriggio, con l'apprendimento dei movimenti alla base del gioco che oramai conosco quasi a memoria.
La mia famiglia ha sempre seguito con simpatia le vicende del Napoli, squadra di un popolo gioioso ed effervescente come quello di Palermo, nostra città d'origine; e dopo che, circa dieci anni fa, il precedente contatto non si era finalizzato per lo stretto legame che univa "Zde" ed il Foggia, stavolta, la musica è cambiata...
Dopo un anno di sofferente lontananza dagli stadi che contano, forse, nessun' altra destinazione gli sarebbe sembrata più adatta per tornare sotto i riflettori di una luce che papà è desideroso di irradiare su tutta la tifoseria. Io lo conosco abbastanza, so bene che l'obiettivo primario del suo lavoro consiste nel regalare un sorriso a chi attende la domenica per vivere emozioni profonde; in ogni insegnamento che cerca di impartire, infatti, è forte l'aspettativa di rendere viva la teoria con uno spettacolo che sappia ripagare i tifosi dell'amore che deve, giustamente, essere reciproco.
Concentrato più che mai, desideroso di offrire tutto ciò che è in grado di dare, intenerito dalle manifestazioni di affetto della gente: questo è lo Zeman che ho trovato, simile alla persona che credevo di incontrare. L'aspetto più importante mi è sembrato la differenza di atteggiamenti che contraddistinguono il suo modo di fare durante le quattro-cinque ore di lavoro effettivo sul campo, quando si mostra forte e deciso, ed il tempo rimanente in cui appare spesso sorridente e disponibile.
Anche il sole inizia a splendere su Brusson e sul Napoli. Gocciola copioso dalla fronte dei giocatori, il sudore: l'augurio è che possa fungere non da estintore, ma da combustibile, per vivificare il fuoco che spingerà ogni componente del Napoli ad offrire sempre il meglio di se stesso.
Karel Zeman



« Fatica e sudore»

DALL'INVIATO A BRUSSON
VITTORIO RAIO
Avrebbe potuto dire «l'avevo detto, io». Zeman, persona innanzitutto equilibrata, ha scelto prima di tacere, poi, il giorno dopo, di rilasciare una dichiarazione piena di saggezza. Semplice il perché: avrebbe preferito essere smentito, avrebbe preferito di non leggere «Doping: calciatori a rischio tumore. Nel calcio, leucemia e cancro epatico uccidono di più». Ma, sapendo che sin dal 25 luglio 1998, lui non aveva mai raccontato favole, ieri, si è limitato ad osservare: «Preferirei non parlare più di questo argomento. È meglio se a parlarne fossero quelli che ne sanno di più, quelli che studiano la materia. Comunque, sono contento che qualcuno si è reso conto che l'abuso fa male. Spero che si interrompa questo abuso». Ovvero, che il calcio, o meglio, lo sport esca definitivamente dalle farmacie.
Le sue squadre corrono, quando non «volano» addirittura, grazie soltanto ai polmoni ed alle gambe dei propri calciatori. Lo sanno bene quelli del Foggia, della Lazio, della Roma. Adesso, anche gli azzurri del Napoli. Corse, chilometri, esercizi, poi, nuovamente, corse, corse e poi ancora corse. Fatica e sudore. Matuzalem ha perso tre chili in dieci giorni. Anche altri stanno smaltendo il grasso superfluo. Prima di badare esclusivamente alle lezioni tecnico-tattiche, giustamente, pretende di avere una squadra di atleti tirati a lucido. Atleti in grado di correre, di sacrificarsi, di dare il massimo per novanta minuti. Ecco perché, per i primi giorni, ha fatto solo correre la squadra, poi, solo sprazzi di lezioni. Prima di tutto, l'aspetto atletico.
Il credo di Zdenek Zeman prevede un fisico integro, un fisico che sappia sopportare la fatica. Fa correre tanto i suoi ragazzi per aggredire gli avversari. Per non consentire che impostino il gioco, occorre avere più fiato e più grinta di loro. I sessantanove chilometri effettuati di corsa in questi giorni hanno elimnato le tossine, hanno abituato i ragazzi a soffrire.
Cosa chiede Zeman alla squadra quando è in campo? Palla a terra e correre tanto; fare grande movimento anche quando non si è in possesso del pallone: la squadra deve «girare» compatta ed armoniosa; tutti devono difendere e tutti devono attaccare, anche il portiere, giocando 'alto'; imparare a conoscere bene i compagni più vicini; imparare a soffrire senza protestare, senza lamentarsi; fare pressing 'alto'; essere prima dei buoni atleti e, poi, dei buoni calciatori; avere un grande spirito di gruppo.
Fuori del campo, poi, le solite regole. Niente di eccezionale: è vietato l'uso dei cellulari a tavola e quando la squadra si riunisce; evitare, il più possibile, scherzi goliardici; essere disponibili con i tifosi. Il primo ad esserlo è proprio lui. Ogni sera, alla fine del secondo allenamento, Zeman si ferma a firmare autografi, a scambiare quattro chiacchiere con chi arriva da Napoli ed anche con la gente del posto. Un dato è certo: anche grazie alla disponibilità del suo tecnico, molti della Valle d'Aosta, durante il prossimo campionato, si informeranno su quanto ha fatto il Napoli.
Grande attesa per il rientro del boemo nel campionato italiano dopo la sua denuncia-doping, dopo il burrascoso divorzio con la Roma, dopo il breve esilio in Turchia, dopo il suo «sì» ad un Napoli che sicuramente non sarà una delle squadre leader del torneo. «L’attesa non è certamente per il mio ritorno ma per il Napoli che dopo due anni di B giocherà nuovamente in serie A. i tifosi vengano tranquilli allo stadio, vedranno sempre una squadra che si impegnerà al massimo. Potremo incontrare delle difficoltà contro le sei ”grandi” ma, partendo sempre dallo 0-0 non saremo mai battuti in partenza».
Per la verità, non è un problema per gli azzurri rispettare le «indicazioni» di Zeman, In campo, perché o si fa come dice lui o si cambia aria; fuori, perché, fermo restando che lui non accetta esuberanze, non esistono possibilità e presupposti per sgarrare. L'albergo, di ventiquattro camere, è tutto occupato dal Napoli. Da stasera, c'è un letto anche per Saber. Il personale femminile dell'hotel alle 22 lascia il servizio. Svaghi? Il paese più vicino, Champoluc, è ad una decina di chilometri. Generalmente, i calciatori, durante i ritiri, a sera, vanno nelle piazze dei paesi a gustare un gelato o a fraternizzare con qualcuno del posto. A Brusson non esistono queste possibilità. Il paese, quattro case, è lontano. Fuori dell'albergo si ascolta solo il rumore delle acque del torrente Evancon. «Alla fine, scriverò le mie prigioni», ha detto qualcuno. Distrazioni: zero. Lavoro: molto. L'unica soddisfazione è il sapere che tanti di quelli che hanno lavorato con il boemo, poi, hanno raccolto ottimi frutti. Totti e Di Biagio, ad esempio.
«Anche se non ce la facciamo con le nostre forze a superare certe prove, lui vuole che egualmente ci applichiamo, che diamo il massimo. Insomma, concentrazione massima», dice la truppa. Questo è quanto esige il duro dal cuore tenero.
 

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Intervista - 28 Marzo 2000  
Intervista - 11 Marzo 2002  
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