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Intervista a Mister Zeman di Giuseppe Calvi, su Sport Week.

Cronaca || 20/07/2008

NULLA E' CAMBIATO
Il tecnico, ora alla Stella Rossa, parla dieci anni dopo la denuncia contro il doping. “Il mondo del calcio ha perso un’occasione e non ha fatto una bella figura. Ma la gente mi ha capito: mi basta questo”.

Zeman, trova un motivo per festeggiare questo decennale?
“No, assolutamente. Perché dal ‘98 ad oggi, tante cose sarebbero dovute cambiare. E, invece, è mancata la volontà di voltare pagina, di segnare un nuovo corso.”
Esattamente dieci anni fa Zdenek Zeman, allora tecnico della Roma, rilasciò due interviste all’Espresso in cui denunciò l’uso disinvolto dei medicinali nella preparazione dei calciatori, puntando il dito soprattutto sulla Juve. Da quelle accuse nacque anche un processo, chiusosi prima, nel dicembre 2005, con l’assoluzione in appello di Girando e Agricola, e poi nel giugno 2007 quando la Corte di Cassazione stabilì la prescrizione del reato.

Rilascerebbe ancora quelle interviste accusa?
“E perché avrei dovuto cambiare idea? Il doping è roba sbagliata per la salute e per una questione morale. Il sistema calcio ha reagito male, mentre chi è fuori dal sistema, soprattutto la gente comune, ha apprezzato il mio allarme.”

Quale è stata l’offesa più pesante che ha subito?
“Nel sistema mi sono fatto tanti nemici, invece gli sportivi veri hanno saputo valutare le mie parole. Non mi sarei aspettato che Vialli mi definisse ‘terrorista’. A me, che prendevo parola solo per il bene dei calciatori: ‘terrorista’. Spero ancora che tra qualche anno non si debbano fare i conti con eventi gravi, dolorosi, che riguardino la salute di atleti di questa generazione.”

A sorprenderla fu la muscolatura di Del Piero e Vialli. Oggi nota ancora calciatori-culturisti?
“Non era una questione di muscoli e basta. Il problema è che prima cambiavano tanto, e non solo i magrolini che diventavano più grossi, gonfiati nei muscoli. All’epoca, leggendo un libro, scoprii che a un portiere, di 28 anni, erano cresciute addirittura le mani… E cominciai a preoccuparmi.”

Un portiere: nome e cognome?
“Basta dire un portiere…”

Dal ‘98 prprio nulla è cambiato?
“Solo una cosa. Qualcuno non scrive più libri, nei quali sentenziare su quanti grammi di roba possano assumere i calciatori. Se solo avessero avuto voglia, nel calcio italiano, si sarebbe potuto svoltare. Ma dovevano volerlo società, medici, allenatori e giocatori. Eppure i club non potevano ignorare il problema, perché direttamente interessati, dovendo sopportare costi elevati per alterare le prestazioni sportive dei proprio calciatori.”

Praticamente tutti si sono salvati da un terremoto che le sue accuse potevano provocare nel mondo del calcio.
“Purtroppo, è così. Ma la gente ha letto e seguito in televisione gli interrogatori, soprattutto sulla Juventus e sul suo medico Agricola. E, anche se si è arrivati alla prescrizione dei reati, il calcio non ha fatto una bella figura.”

Forse solo lei ha pagato, per quella denuncia.
“Non io, piuttosto le squadre che ho allenato. Nella mia seconda stagione alla Roma, tra errori arbitrali e situazioni strane ci trovammo con almeno 20 punti in meno in classifica. Ma è stato l'Avellino a pagare il conto più salato: non era da retrocessione, con gli avversari da vertice perdemmo pochi colpi, Quell’Avellino non meritava la C1, eppure tra espulsioni e rigori contro…”

Nel calcio attuale ci sono meno ‘farmacie’ negli spogliatoi?
“Non saprei rispondere. Ormai non seguo più.”

Vuol dire che si è rassegnato?
“No. Piuttosto, non tocca a me fare l'inquirente. Ci sono commisione antidoping, istituzioni e medici seri che dovrebbero interessarsi. E se non c’è la loro volontà, non posso certo cambiare io, da solo, le carte in tavola. Tanto ci sarebbe chi evidenzierebbe che Zeman parla perchè non ha mai vinto niente! Anche se qualche addetto ai lavori, privatamente, mi ha fatto i complimenti per il coraggio. Peccato doveva essere una lotta comune per chi agisce nel calcio”.

Se avesse potuto spiare segretamente una squadra ‘a rischio’ per l’abuso di farmaci o sostanze proibite, quale avrebbe scelto di studiare?
“Ripeto, se solo ci fosse stata la volontà, nel ’98 c’erano squadre da vivisezionare. E non era mio il compito di spiare.”

Nella sua carriera, ha mai sospettato che un suo calciatore alterasse le prestazioni usando farmaci?
“Si, ma non faccio nomi”

Almeno dica in quale squadra giocava?
“No. Tanto quel giocatore, nella mia squadra, non trovava mai posto. E, sia chiaro, non lo escludevo perché pensavo che alterasse le sue prestazioni.”

Senza quella denuncia del ’98, Zeman avrebbe avuto una carriere diversa?
“Ho rifiutato, all’epoca, Barcellona e Real Madrid. In Italia? Moratti mi chiamò, però prima della battaglia contro il doping. Chissà cosa sarebbe successo se dieci anni fa non avessi parlato in quel modo. Certo, dopo la stagione alla guida del Lecce in A, nel 2005 mi cercarono sei, sette società. Quell’estate, però, scoppiata ‘Calciopoli’, stranamente nessuno mi contattò più.”

Ci sono stati presidenti di club nei quali ha lavorato che le hanno chiesto di non interessarsi più della battaglia contro il doping?
“Tutti. Mi invitavano a lasciar perdere, a evitare di rilasciare interviste scomode. Ma io sono stato sempre un uomo libero, pagando sulla mia pelle ogni scelta compiuta.”

Quali sono gli sport più inquinati?
“Nuoto, atletica e ciclismo, perché negli sport individuali si tende ad andare oltre certi limiti. Ma, in genere, dove c’è business, c’è sempre il rischio.”

Ora se n’è andato ad allenare a Belgrado…
“Mi è sembrato di liberarmi di un peso. Ho lasciato il calcio italiano perchè ultimamente mi ero disamorato. Dove c'è un eccessivo business, le regole spesso vengono calpestate e talvolta, per inseguire certi obiettivi, si cambiano anche le leggi. Credo, o almeno spero, che del calcio italiano nulla mi mancherà. Con la Stella Rossa, arrivata seconda nello scorso campionato, devo puntare a migliorare, quindi a vincere il torneo.”

Per farlo, ricorrerà sempre, al suo ‘doping’, fatto di balzi sui gradoni e di corse con i sacchi di sabbia sulle spalle?
“Sempre. Il talento abbinato al lavoro produce risultati, quelli puliti, che possono essere cancellati solo da chi non rispetta le regole.”

Giuseppe Calvi da Sport Week del 19 luglio 2008.  

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