'Perchè quei pareggi nell'andata' di Zdenek Zeman
Cronaca ||
23/02/2007
Rubrica "Senza schemi"
di Zdenek Zeman
Articolo pubblicato su "La Gazzetta dello Sport" del 23 Febbraio 2007
L’andata degli ottavi di finale di Champions League, rispecchiando il generale andamento del calcio europeo ed il suo appiattimento di valori, è stata dominata da un equilibrio totale ed, in alcuni casi, inaspettato.
I novanta minuti di gioco, in molte occasioni, hanno confermato uno stato di forma non eccelso da parte di alcune possibili favorite al titolo europeo: Real Madrid, Bayern Monaco, Arsenal e Barcellona, ad esempio, hanno dato seguito alle difficoltà già mostrate nei propri campionati mostrando una qualità di gioco inferiore rispetto alle potenzialità di cui godono.
Un dato in tendenza con le statistiche degli ultimi anni è la forte incidenza, anche in questo turno di Champions, delle situazioni di palla inattiva. La metà delle realizzazioni, infatti, è scaturita da calci di punizioni o calci d’angolo. Questo dato mi porta a due considerazioni: da un lato, l’evidente specializzazione, sia individuale sia collettiva, nello studio e nell’esecuzione di modalità sempre più nuove ed originali dei calci da fermo; dall’altro, la mia opinione personale è che, probabilmente, per i tecnici sia più semplice organizzare uno schema pericoloso in una situazione di gioco inattiva piuttosto che conferire un’identità di gioco precisa e predominante alla propria squadra.
Le due partite in cui si è segnato di più sono state decise da palle inattive: sei gol sui nove realizzati a Milano ed a Madrid sono stati provocati da queste situazioni di gioco.
L’equilibrio, nella forma e nella sostanza, è stato ancora più evidente nelle gare disputate dalle tre squadre italiane: tre pareggi e tre gare assolutamente equilibrate, che non possono farci dormire sonni tranquilli in vista del ritorno.
Le costanti riscontrabili in tutte e tre le nostre formazioni sono state, a mio avviso, la tendenza a voler rallentare il corso della gara, la preoccupazione di controllare l’avversario anziché imporre la propria identità, e, più in generale, la scelta di giocare sotto ritmo.
Il Milan di Glasgow ha rischiato molto poco, con un atteggiamento attento e guardingo che non ha permesso al Celtic di sfruttare il vantaggio del fattore campo; in alcuni tratti di gara la preoccupazione di non essere beffati ha forse impedito alla squadra di Ancelotti di imporre con decisione la propria superiore caratura tecnica, che si è comunque manifestata nei pochi momenti in cui i rossoneri sono riusciti ad esprimersi a briglie sciolte.
Stesso tipo di considerazione per quanto riguarda la Roma, con l’aggravante di non aver saputo sfruttare la spinta dei settantamila tifosi che, come lo stesso Spalletti aveva dichiarato, erano un’enorme spinta in più per soffocare le velleità del Lione. Anche all’Olimpico le poche emozioni sono arrivate da situazioni di palla inattiva, e per lunghi tratti la partita è sembrata una sfida di calci di punizione tra Totti e Juninho, tra cui non ci sono stati vincitori né vinti.
Più complessa l’analisi di Inter-Valencia. La squadra di Mancini ha senza dubbio dimostrato, per l’ennesima volta, di essere la migliore squadra italiana. I nerazzurri hanno scelto di lasciare il pallino del gioco in mano agli spagnoli che, essendo invece abituati ad agire in contropiede, hanno dovuto snaturare il proprio gioco. Ne è venuta fuori una partita dai mille volti, con fasi di gioco molto alterne ed in cui sarebbe potuto venir fuori qualsiasi risultato. I gol di Ibrahimovic (se il gol è di Cambiasso, il fuorigioco è di dimensioni spaventose) e Maicon, gli unici siglati dalle nostre tre squadre, evidenziano la forza interista, che ha però trovato ostacolo nell’avversario più in forma del momento.
I secondi confronti dovranno, per forza di cose, costringere Milan ed Inter a modificare il proprio comportamento alla ricerca del necessario successo. I rossoneri, bravissimi nel possesso palla, saranno sicuramente agevolati dal fatto di giocare sul campo amico, e l’elevato tasso tecnico potrà fare la differenza soprattutto se dovesse arrivare l’efficacia e la lucidità del reparto avanzato. L’Inter, invece, non è certo una squadra costruita per giocare in contropiede, per cui la necessità di ottenere la vittoria potrebbe segnare una svolta decisiva per esprimere pienamente le proprie infinite potenzialità. La Roma, grazie al pareggio a reti bianche, a Lione può permettersi anche di pareggiare e, paradossalmente, è l’unica italiana a non essere obbligata a cambiare l’atteggiamento iniziale. La verità, però, è che ogni strategia può essere stravolta, come si è detto, da una punizione o un corner che, in termini di risultati, mettono a tacere qualsiasi considerazione di stampo tattico.
Il primo tempo delle otto sfide si è chiuso senza alcun verdetto definitivo. Non resta che attendere l’epilogo, sperando che atteggiamenti più propositivi prevalgano sul timore di scoprirsi e, soprattutto, che le gare possano essere decise anche da azioni collettive piuttosto che attendere prodezze derivanti solo dai calci piazzati.
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