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12 Maggio 2000: Eccovi un'altra intervista scovata su 'Viveur'....giornale di Foggia....ed adesso diteci che l'avevate gią letta!

Cronaca || 12/05/2000

Un'altra chicca tutta da leggere.....

da Viveur di venerdì 12 Maggio 2000 (Foggia)

Si fa presto a dire Mister

intervista di Davide Grittani

Il mister parla poco, solo se necessario. Il mister fuma, sigarette pesanti. Il mister paga per tutti, quando le cose non vanno. Il mister sorride, se proprio deve. Il mister ha un cuore, tuttavia meglio nasconderlo. Il mister torna a Foggia, quando l’aria si fa pesante. Torna in quei posti che ancora odorano d’impresa e d’incoscienza, di talento e d’avventura. Torna sulle strade di Zemanlandia.
Sono sulle sue tracce da tre giorni. Insisto sul numero di un cellulare a cui risponde con un filo di voce dalla lontanissima Praga. Poi una soffiata m’avverte "è nella sua tana, nel ristorante Al Rugantino" sulle cui pareti è scolpita la cronaca della febbre più violenta e contaggiosa che abbia mai colpito Foggia. Quindi lo bracco davanti al bar Cocozza, mentre parla e fuma coi suoi amici foggiani, leggendo la vita come fosse una partita di calcio. Infine di nuovo al cellulare… e stavolta risponde.
L’esordio non è accomodante: "Non mi interessa il suo futuro – chiarisco immediatamente – se allenerà ancora in Italia, se davvero Milan e Fiorentina, se magari il Foggia…" Ma come spesso capita a chi prende eccessive precauzioni, ottengo l’effetto contrario. Il mister lascia che a rispondere sia una pausa, piuttosto lunga. Non so che pensare, per la testa passa di tutto, addirittura temo abbia intuito che tengo per la Juve e che non gli perdonerò facilmente quei "dubbi sull’improvviso potenziamento fisico di Vialli e Del Piero". Decido di incalzare.

Da profeta della zona a personaggio di un romanzo: se le parole volano le pagine di un libro restano, e quelle dedicate a lei sono pagine pesanti. Non trova?

"Fa piacere essere raccontati in un romanzo, è una bella soddisfazione il cui merito va però allo scrittore che c’ha creduto e lavorato per tanti anni."
Si riconosce nel personaggio di Vecto Zoran, che Cancogni afferma di aver descritto a sua immagine e somiglianza?
"Un po’ si, un po’ no – questa sì che è una risposta alla Zeman - … nella postfazione è specificato che l’allenatore del romanzo sono io, ma un conto sono i libri un conto è la vita. Lo scrittore è stato molto bravo, ma io sono più simpatico di Vecto Zoran."
Sa che la prima stesura del romanzo è stata completamente ispirata al suo grande Foggia, all’entusiasmo cresciuto intorno alla sua squadra?
"Ho parlato con lo scrittore durante una presentazione del libro a Roma, mi ha raccontato che il libro doveva essere ambientato a Foggia. Non può che fare piacere, perché erano anni in cui mi sono divertito, si sono divertiti i giocatori e abbiamo fatto divertire il pubblico."
Che ricordo ha di quell’atmosfera, quando tutta Italia guardava Foggia come un modello sportivo da esportare?
"Non sarei obiettivo, sono ricordi troppo legati a me. Ho trascorso cinque bellissimi anni, sono stato molto bene. Penso che sia una cosa difficile da ripetere."
Perché?
"Perché il calcio è cambiato troppo, certe cose diventano sempre più difficili da vedere sui campi di calcio…Ma non dovevamo parlare del romanzo?"
Ha ragione mister! Che impressione le fa leggere della sua vita non in una biografia, bensì in un romanzo come fosse un personaggio della fantasia?
"Ripeto, mi fa molto piacere. Vuol dire che in questi anni ho lasciato un buon ricordo, anche se i giornali scrivono il contrario. Mi è piaciuto leggermi come un personaggio molto coraggioso, questo sì, questo mi è piaciuto."
E lei si sente coraggioso? (alla domanda segue un’altra pausa lunga e minacciosa, poi per fortuna ecco la risposta).
"Questo tocca a voi dirlo, non mi sono mai fatto questa domanda."
Quello di essere raccontato in un romanzo è un onore toccato soltanto a tre allenatori prima di lei: Rocco, Trapattoni e Liedholm. Una bella eredità?
"Sinceramente non sento il peso dell’eredità, sento invece il privilegio dell’attenzione di uno scrittore che, mi hanno detto, è tra i più bravi in Italia e molto tradotto negli Stati Uniti."
Quali sono i riti, le usanze, i gesti che le sono rimasti più cari dell’esperienza di Foggia?
"Come si fa a dire in due parole…sono tanti i ricordi che porto con me, con tutte le cose belle e brutte che sono successe è stata una grande esperienza. Poi qui a Foggia torno sempre quando posso, perché qui sono sempre stato molto bene."
Ad esempio, non l’ho mai vista prendere caramelle dal pubblico di Roma?
"A Roma c’è troppa distanza tra panchina e tribuna, e poi è una città troppo grande per pensare alle caramelle."
Che ricordo ha della serata in cui Viveur ospitò a Foggia Antonio Albanese, che in quel momento portava agli onori della cronaca nazionale il suo Foggia e con "Frengo & Stop" il dialetto della nostra città?
"Una bella serata, è stata l’unica volta in cui mi sono inginocchiato per entrare su un palco. Poi dicono che sono antipatico…"

Un ricordo evidentemente sbiadito dall’usura del tempo, quello che il mister conserva della notte del 22 maggio 1994. Un ricordo sbiadito dalla controversa avventura laziale, dall’esonero di Cragnotti appreso attraverso Beppe Signori, dalle stagioni alla Roma finite in un naufragio, dalle turbolente settimane trascorse in Turchia. Ma Foggia no, Foggia conserva il ricordo di una superba festa di colori e allegria, durante cui la città cinse Zeman (certo partente verso Roma, ndr) in un materno memorabile abbraccio. Come dimenticare il suo ingresso in ginocchio, scandito dalle note di I feel good che intanto veniva passata in tutt’Italia come il nostro inno. Come dimenticare l’ingresso del mister, sotto gli occhi sbigottiti di Albanese che guardava il mito prestarsi a un gioco che lo rendeva finalmente umano, anche lui vulnerabile. Come dimenticare gli oltre 6000 del Campo degli Ulivi che in coro salutavano il boemo di ghiaccio, congetturando sul nostro futuro mentre Zemanlandia volgeva al passato.

Perché mister il suo Foggia diventa letteratura, a differenza dell’Ascoli di Costantino Rozzi, del Verona di Bagnoli, dell’Atalanta di Mondonico, del Vicenza di Guidolin… etc?

"Forse perché era una squadra senza campioni, una squadra del Sud, che lavorando seriamente è riuscita a fare belle cose. Può darsi che domani scrivano un romanzo anche sulla Reggina…"
… e di un suo ritorno alla guida del Foggia?
"Possibile, tutto è possibile."
Da allenatore o, come sostiene qualcuno, da presidente?
"No, no, che presidente. A me piace tenere i piedi sull’erba."  

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