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26 Luglio 2000. Leucemia e tumore epatico. I calciatori hanno più probabilità di ammalarsi e morire di leucemia e tumore epatico e queste due patologie sono strettamente legate all'uso di sostanze dopanti. Questi i primi inquietanti risultati dell'inchie

Doping || 26/07/2000

Ecco l'ennesimo riscontro.....tra polemiche, rinvii a giudizio, ricorsi...la cosa che più conta è però la salute....difendiamo i giocatori, gli atleti, i bambini..."doparsi" è pericoloso!!!

da Il Mattino di Giovedì 27 Luglio 2000

Doping, giocatori a rischio tumore
Nel calcio leucemia e cancro epatico uccidono di più: lo dicono gli esperti


DA TORINO
ROBERTO ANSELMI
I calciatori hanno più probabilità, rispetto al resto della popolazione, di ammalarsi e morire di leocemia e tumore epatico; e queste due patologie sono strettamente legate all' uso di sostanze dopanti, in particolare gli anabolizzanti e l'ormone della crescita. Sono questi i primi, inquietanti risultati dell'inchiesta epidemiologica sul mondo del calcio, ordinata dal procuratore aggiunto torinese Raffaele Guariniello.
Il magistrato, che procede (a carico di ignoti) per omicidio colposo, ha ricevuto nei giorni scorsi un 'rapporto choc' dai suoi consulenti, tutti esperti dell' Istituto superiore di Sanità. È stato analizzato un campione di 165 giocatori deceduti (tutti in attività a partire dagli anni Sessanta e militanti in società di serie A, B o C) e si è scoperto che vi è quella che in termine tecnico è definita «eccedenza» di tumore epatico e di leucemia linfoide.
L' inchiesta vuole accertare se esiste un nesso tra patologie e metodi di allenamento o sostanze eventualmente assunte dai calciatori durante la carriera; i consulenti hanno sottolineato che la letteratura scientifica mette in relazione queste malattie con l' uso continuo di prodotti come anabolizzati e ormoni della crescita. Dei primi, in particolare, si conosce il ruolo nell' insorgenza dell' iperplasia epatica e dei tumori al fegato; l' uso continuato dell' ormone della crescita può invece provocare la leucemia.
I dati messi in luce dai consulenti del pm sono sconcertanti. I casi di tumore epatico attesi, in base alle statistiche (perchè tanti se ne verificano comunemente), erano 0,84 su 165: ne sono stati scoperti sei. Quelli di leucemia sono addirittura sette (compreso lo juventino Fortunato) a fronte di un' attesa di 0,21. In buona sostanza, un calciatore professionisa rischierebbe di contrarre una di queste malattie con una probabilità fino a 35 volte superiore rispetto a una persona normale.
Ma gli esperti dell'Istituto superiore di Sanità si sono imbattuti in un altro dato sorprendente. Una malattia rarissima, la sclerosi laterale amiotrofica dei neuroni motori, è stata registrata sei volte (l' attesa era di 0,28): è quella che stroncò il sampdoriano Vincenzi e il fiorentino Rognoni. Negli Stati Uniti la chiamano morbo di Lou Gerich, dal nome dell' asso del baseball che ne morì. E pare che vi sia un nesso fra la sua insorgenza e l' attività fisica intensa. Prima di procedere, il pm attende che i consulenti completino il loro lavoro. Occorre, in particolare, valutare quella che in gergo si chiama la «plausibilità biologica» delle malattie con l' impiego delle sostanze dopanti. Questo per dare corpo al sospetto che l' eccessivo uso di farmaci e le sedute di allenamento troppo pesanti guastino irreparabilmente la salute degli atleti.
Un altro elemento è però considerato significativo e viene dall' inchiesta epidemiologica sul ciclismo: su un campione di 59 ex corridori deceduti, è stato notato un aumento singolare dei tumori al sistema linfo-emo-poietico. È possibile - si chiedono gli inquirenti - che ogni sport abbia le proprie «malattie professionali»? Qualcuno, a Torino, chiamò l' inchiesta epidemiologica sul calcio «l' indagine delle vedove»: preziose, infatti, sono state le testimonianze delle mogli di alcuni ex giocatori deceduti.
Quali gli scenari? Presto potrebbero esserci le prime iscrizioni nel registro degli indagati per omicidio colposo: medici sportivi, allenatori, dirigenti di squadre di calcio di serie A, B e C dagli anni Sessanta a oggi. Questo si verificherà se si scoprirà un nesso (il cosiddetto «rapporto causale») fra le malattie che hanno colpito gli atleti deceduti, i sistemi di allenamento e i farmaci che hanno assunto durante l' attività agonistica.  

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